civile

Regolamento condominiale e diritto di sopraelevazione

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Con la sentenza n. 12795 del 11/05/2023 (link in calce), la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in merito alla compressione del diritto di sopraelevazione spettante al singolo condominio derivante dal vincolo posto dal regolamento di condominio avente natura contrattuale, ossia quello predisposto dal costruttore e registrato in sede di rogito da tutti i proprietari.

Nel caso specifico, vi era contestazione sulle opere realizzate dal proprietario dell’ultimo piano del condominio che, seppur autorizzato da una delibera per effettuare i lavori di parziale chiusura del proprio terrazzo per evitare infiltrazioni d’acqua piovana, aveva realizzato altresì una veranda determinando un notevole aumento volumetrico e una violazione del regolamento condominiale.

Il regolamento, infatti, vietava qualsiasi tipo di intervento edificatorio che modificava l’originario aspetto architettonico dell’edificio.

Sul punto la Cassazione ha ritenuto prevalente la previsione del regolamento di condominio avente natura contrattuale, la quale conteneva delle prescrizioni vincolanti e particolarmente severe per i condomini attraverso una tutela pattizia anche più intensa di quella contenuta nel Codice Civile.

In particolare, le previsioni del regolamento di condominio (di natura contrattuale) che abbiano ad oggetto la conservazione dell’originario aspetto architettonico dell’edificio, possono contenere prescrizioni vincolanti per i singoli condomini che vanno a comprimere il diritto di proprietà a vantaggio della funzione conservativa del bene comune.

Pertanto, la realizzazione di opere ulteriori difformi da quelle autorizzate dall’assemblea e vincolanti per i singoli condomini dal regolamento, integra una modifica non consentita dell’estetica del condominio, la quale giustifica la condanna al ripristino dell’originario stato dei luoghi.

Cassazione sentenza n. 12795-2023

Rinuncia all’eredità e perdita di donazioni e legati

Rinuncia all’eredità e perdita di donazioni e legati 150 150 federico_stissi

Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione riguarda il problema delle donazioni e dei legati effettuati dal rinunciante all’eredità e della conseguente chiamata ereditaria c.d. “per rappresentazione” ai discendenti del rinunciante.

Fino ad ora, infatti, la Giurisprudenza di legittimità non si era mai pronunciata in vicende simili, seppur trattasi di ipotesi frequenti nella pratica di tutti i giorni.

Con la sentenza n. 12813-2023 (link in fondo alla pagina) la Cassazione, attraverso l’interpretazione in combinato disposto dell’art. 467 c.c. e dell’art. 552 c.c., ha statuito che il rinunciante può trattenere le donazioni e i legati effettuati in suo favore e il suo discendente, cui opera la rappresentazione e che consegue l’eredità, dovrà imputare tali atti alla quota di legittima nella quale subentra.

Partendo dalla lettura dell’art. 467 c.c. che disciplina l’istituto della “rappresentazione”, ossia il subentro del discendente all’ascendente (figlio o fratello del de cuius) che non possa o che non voglia accettare l’eredità e dell’art. 552 c.c., secondo cui “il legittimario che rinunzia all’eredità, quando non si ha rappresentazione, può, sulla disponibile, trattenere le donazioni e i legati a suo favore; ma quando non vi è stata espressa dispensa dall’imputazione, se per integrare la legittima spettante agli eredi è necessario ridurre le disposizioni testamentarie o le donazioni, restano salve le assegnazioni, fatte dal testatore sulla disponibile, che non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario accettasse l’eredità, e si riducono le donazioni e i legati fatti a questo ultimo“, la Cassazione ritiene che la norma contempli in ogni caso il diritto del donatario di ritenere i beni oggetto della donazione e, in assenza di rappresentazione, gravano in ogni caso sulla quota disponibile.

Nel caso in cui, invece, si verifichi il subentro dei discendenti del rinunciante per rappresentazione, le stesse donazioni e legati vanno fatti gravare sull’indisponibile e quindi sulla quota di legittima.

Cassazione n. 12813-2023

Le linee guida della Procura di Milano sulla Negoziazione Assistita familiare

Le linee guida della Procura di Milano sulla Negoziazione Assistita familiare 150 150 federico_stissi

Sono state pubblicate le linee guida e le indicazioni operative della Procura di Milano per la Negoziazione Assistita familiare.

Innanzitutto, la Procura rammenta che l’accordo può riguardare la separazione personale, la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, l’affidamento e il mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la modifica delle precedenti condizioni di affidamento e mantenimento dei figli, la determinazione degli alimenti, nonché lo scioglimento dell’unione civile e sue eventuali modifiche successive. Inoltre, che l’accordo sottoscritto dalle parti e da almeno un avvocato per parte, va trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente per il nulla osta.

Le linee guida si soffermano poi sui termini dell’accordo se si è in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap gravi ovvero economicamente non autosufficienti, esplicitando che in tali casi – tutti – l’accordo deve essere trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente entro il termine di dieci giorni dalla data certificata di conclusione dell’accordo, pena l’irricevibilità dello stesso, con la conseguenza per le parti di dover ripresentare un nuovo accordo”.

In riferimento al contenuto dell’accordo, gli avvocati dovranno dare atto ai sensi dell’art. 6 co. 3 di aver tentato di conciliare le parti, di averle informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e di averle informate dell’importanza per i figli minori di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore, con ulteriore possibilità di prevedere anche patti di trasferimento immobiliare.

Inoltre, spetterà agli avvocati certificare l’autografia delle firme delle parti, la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, l’invio a mezzo pec dell’accordo firmato digitalmente e la valutazione di equità dell’assegno di mantenimento pattuito in unica soluzione.

Per quanto riguarda la competenza territoriale, le linee guida indicano la Procura della Repubblica individuata nel luogo di residenza di una delle parti.

Infine, il documento termina con indicazioni operative relative, in particolare, alla modalità di presentazione dell’accordo (che va firmato digitalmente dagli avvocati e successivamente inviato via PEC alla Procura) e la successiva trasmissione dello stesso, unitamente al nulla osta o autorizzazione, al COA presso cui uno dei legali è iscritto.

Si ricorda, altresì, che il procedimento è esente da contributo unificato, imposta di bollo e diritti di cancelleria, anche per il rilascio di copie conformi.

Linee-guida-procura-milano-negoziazione-assistita

Molestie condominiali e parcheggi

Molestie condominiali e parcheggi 150 150 federico_stissi

Con la sentenza n. 18744 del 2023, la Corte di Cassazione ha ritenuto che non integra il reato di molestie l’aver scattato delle foto all’auto del condomino parcheggiata in un’area vietata alla sosta per documentarne il comportamento all’amministratore, anche se a bordo vi erano i figli minori.

Il condominio era stato imputato perché per biasimevole motivo, recava molestia e disturbo ai condomini e successivamente assolto per particolare tenuità del fatto. Contro la decisione ha proposto ricorso per erronea applicazione dell’art. 660 cod. pen. sostenendo la mancanza del motivo biasimevole richiesto dalla norma per la rilevanza penale del fatto.

Ribadendo preliminarmente l’impugnabilità delle sentenze di assoluzione ex art. 131 bis c.p. in considerazione degli effetti penali, civili e amministrativi derivanti, la Corte ha accolto il ricorso affermando che “l’atto per essere molesto deve non soltanto risultare sgradito a chi lo riceve, ma dev’essere anche ispirato da biasimevole, ossia riprovevole, motivo, in alternativa, l’atto per essere molesto deve rivestire il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri“.

Nel caso di specie “il biasimevole motivo a sostegno del comportamento dell’imputato, il quale aveva scattato le foto dell’autovettura delle persone offese perché essa era ferma in area vietata, per segnalare il comportamento scorretto all’amministratore del condominio” e, inoltre, “in ragione della problematica situazione, sussistente all’interno del condominio, relativa alle aree di sosta e all’occupazione, da parte dei veicoli, di aree in cui la sosta era invece interdetta“, escludendo altresì che le parole rivolte ai condomini non rivestivano i tipici elementi della condotta molesta.

Cassazione n. 18744-2023

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