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La nuova “corrispondenza” alla luce del caso Renzi

La nuova “corrispondenza” alla luce del caso Renzi 150 150 federico_stissi

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 170 del 2023 è intervenuta nel c.d. caso Renzi, relativamente alla acquisizione da parte della Procura di “contenitori” di dati informatici appartenenti a terzi come telefoni, pc e talbet, i quali contengono messaggi scambiati con un parlamentare.

Il fine della pronuncia era risolvere il conflitto di attribuzione proposto dal Senato nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, nella parte in cui era diretto a contestare la legittimità dell’acquisizione di corrispondenza del Senatore Renzi in violazione dell’art. 68 co. 3 della Costituzione (mancanza di autorizzazione).

La Corte Costituzionale ha accolto le doglianze dichiarando che la Procura non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi email e whatsapp del parlamentare, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi, con la conseguenza di dover sospendere l’estrazione.

Senza entrare nel merito della vicenda, l’aspetto novativo e più attuale espresso dalla Corte riguarda la nozione di “corrispondenza”.

La Consulta, infatti, ha riconosciuto costituzionalmente rilevante in tema di corrispondenza anche quella tramite mail e messaggistica su app, la cui tutela non si esaurisce con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma perdura fin tanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori.

Corte Costituzionale: Ergastolo e giudizio di bilanciamento

Corte Costituzionale: Ergastolo e giudizio di bilanciamento 150 150 federico_stissi

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 94 del 2023 (link in calce), già anticipata con il comunicato stampa del 18/04/2023, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69 co. 4 c.p., nella parte in cui, relativamente ai delitti puniti con la pena edittale dell’ergastolo e al giudizio di bilanciamento, prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata.

Secondo la sentenza della Consulta, che farà scuola unitamente alle altre che hanno già dichiarato illegittimo il divieto con numerose sentenze in riferimento a reati anche molto gravi, la pena edittale dell’ergastolo non può essere “fissa” e “indefettibile” per effetto del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sull’aggravante della recidiva reiterata.

La Corte, infatti, ha ribadito che non può esserci divieto di bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti e recidiva reiterata nelle ipotesi in cui la differenza tra la pena base e quella risultante dall’applicazione di un’attenuante sia molto elevata, in quanto la necessaria funzione di riequilibrio della pena, svolta dall’attenuante, è compromessa dal divieto di prevalenza.

E ciò deve valere anche nel caso in cui la pena edittale è quella fissa dell’ergastolo, ossia quando ricorre una circostanza attenuante e la pena dell’ergastolo è sostituita da quella della reclusione da venti a ventiquattro anni.

La conseguenza è che ci si pone, altresì, in contrasto con il principio di necessaria proporzionalità della sanzione, attraverso il quale il Giudice opera la gradazione della pena secondo la maggiore o minore offensività della condotta in relazione alle concrete circostanze del reato.

In definitiva, la Corte ha precisato che il Giudice, nel graduare la sanzione in caso di condanna per uno dei delitti puniti l’ergastolo aggravato dalla recidiva reiterata, può operare l’ordinario bilanciamento delle circostanze e, quindi, può ritenere che le attenuanti siano prevalenti sulla recidiva reiterata e conseguentemente non irrogare l’ergastolo, sempre che lo stesso non valuti, al contrario, la prevalenza della recidiva sulle circostanze le attenuanti.

Corte Costituzionale, Sentenza n. 94-2023

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