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Finalmente la Cassazione afferma il cumulo delle domande di separazione consensuale e divorzio congiunto

Finalmente la Cassazione afferma il cumulo delle domande di separazione consensuale e divorzio congiunto 150 150 federico_stissi

Dopo mesi di incertezza interpretativa, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28727/2023 (link in calce) ha statuito che è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Con la riforma Cartabia che ha disciplinato le norme sul procedimento unitario in materia di persone, minorenni e famiglie (artt. 473- bis ss. c.p.c.) si sono fin da subito sollevati dubbi interpretativi sulla possibilità per i coniugi di proporre all’interno del procedimento in forma congiunta, la domanda di separazione e quella di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Infatti, la riforma aveva disciplinato espressamente questa possibilità solo per i giudizi contenziosi con l’art. 473-bis.49 c.p.c., con evidente disparità di trattamento tra i due procedimenti.

La decisione della Suprema Corte trae origine dal caso di una coppia che chiedeva al Tribunale di pronunciare cumulativamente la separazione consensuale e il divorzio congiunto.

Il Tribunale ha sottoposto, con rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., la questione alla Cassazione sull’ammissibilità del cumulo delle domande di separazione consensuale e il divorzio congiunto.

La Corte, premettendo la qualificazione di cosa sia il rinvio pregiudiziale e del relativo procedimento operativo, ha individuato la ratio nella stessa relazione illustrativa al D.Lgs. n. 149/2022, che trova il suo fondamento nel “un risparmio di energie processuali nel quale consisterebbe una delle ragioni della previsione dell’articolo 473-bis. 49 c.p.c.: trovare per le parti a fronte dell’irreversibilità della crisi matrimoniale in un’unica sede un accordo complessivo sia sulle condizioni di separazione che sulle condizioni di divorzio, concentrando in un unico ricorso l’esito della negoziazione delle modalità di gestione complessiva di tale crisi, disciplinando una volta per tutte i rapporti economici e patrimoniali tra loro i rapporti tra ciascuno di essi figli minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti, realizza indubbiamente un risparmio di energie processuali che può indurre le stesse a fare ricorso al predetto cumulo di domande congiunte.

Nel ripercorrere i filoni giurisprudenziali che si erano delineati subito dopo l’entrata in vigore della Riforma (ossia il Tribunale di Milano, Lamezia Terme, Genova e Vercelli per l’ammissibilità del cumulo delle domande di separazione personale e divorzio nei procedimenti non contenziosi e il Tribunale di Firenze che, invece, aveva negato il cumulo della domanda di separazione con quella di divorzio in forma congiunta), la Corte ha sottolineato che il rapporto tra l’impulso di parte e la risposta dell’organo giudiziario nei procedimenti contenziosi e in quelli congiunti è uguale perché in entrambi i casi, le parti propongono le proprie domande e formulano le relative conclusioni.

Anche l’argomento che impedirebbe l’ammissibilità del cumulo nei procedimenti su domanda congiunta con riferimento all’indisponibilità dei diritti coinvolti, la Corte lo esclude evidenziando che “i coniugi che propongono due domande congiunte di separazione divorzio cumulate in simultaneus processus, non concludono in sede di separazione un accordo sugli effetti del loro eventuale futuro divorzio, tale da condizionare la volontà di un coniuge o da comprimere i suoi diritti indisponibili”.

Pertanto, con l’Ordinanza in oggetto, la Suprema Corte ha statuito che: “In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 473 bis. 51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.

Cassazione civile Ordinanza n. 28727-2023

Restituzione del prestito all’ex coniuge

Restituzione del prestito all’ex coniuge 150 150 federico_stissi

Con l’ordinanza n. 11664 del 2023 (link in calce), la Corte di Cassazione è intervenuta in merito alla sorte di alcuni prestiti avvenuti fra coniugi, stabilendo con quali criteri il prestito debba essere restituito.

Nello specifico, la Corte ha individuato alcuni criteri :

  • si parla di prestito quando è già in corso una crisi matrimoniale;

  • si parla di prestito quando il vantaggio economico è godibile solo dal coniuge ricevente e la dazione di denaro supera le possibilità economiche del mutuante;

  • l’attore che agisce per chiedere la restituzione del prestito è tenuto a fornire la prova del titolo su cui fonda la sua pretesa;

  • chi riceve il denaro altrui non è autorizzato a trattenerlo senza causa, svincolandosi dalla obbligazione naturale;

  • non sono ammissibili nel nostro ordinamento trasferimenti di ricchezza ingiustificati, ossia privi di una causa legittima che giustifichi il passaggio di denaro o di beni da un patrimonio ad un altro.

Tali criteri risultano essere dirimenti e fondamentali per differenziare gli apporti effettuati da uno dei coniugi al menage familiare (i quali non devono essere restituiti) e prestiti veri e propri concessi da un coniuge all’altro (che conservano l’obbligazione restitutoria).

Cassazione Ord. n. 11664-2023

Le linee guida della Procura di Milano sulla Negoziazione Assistita familiare

Le linee guida della Procura di Milano sulla Negoziazione Assistita familiare 150 150 federico_stissi

Sono state pubblicate le linee guida e le indicazioni operative della Procura di Milano per la Negoziazione Assistita familiare.

Innanzitutto, la Procura rammenta che l’accordo può riguardare la separazione personale, la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, l’affidamento e il mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la modifica delle precedenti condizioni di affidamento e mantenimento dei figli, la determinazione degli alimenti, nonché lo scioglimento dell’unione civile e sue eventuali modifiche successive. Inoltre, che l’accordo sottoscritto dalle parti e da almeno un avvocato per parte, va trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente per il nulla osta.

Le linee guida si soffermano poi sui termini dell’accordo se si è in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap gravi ovvero economicamente non autosufficienti, esplicitando che in tali casi – tutti – l’accordo deve essere trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente entro il termine di dieci giorni dalla data certificata di conclusione dell’accordo, pena l’irricevibilità dello stesso, con la conseguenza per le parti di dover ripresentare un nuovo accordo”.

In riferimento al contenuto dell’accordo, gli avvocati dovranno dare atto ai sensi dell’art. 6 co. 3 di aver tentato di conciliare le parti, di averle informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e di averle informate dell’importanza per i figli minori di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore, con ulteriore possibilità di prevedere anche patti di trasferimento immobiliare.

Inoltre, spetterà agli avvocati certificare l’autografia delle firme delle parti, la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, l’invio a mezzo pec dell’accordo firmato digitalmente e la valutazione di equità dell’assegno di mantenimento pattuito in unica soluzione.

Per quanto riguarda la competenza territoriale, le linee guida indicano la Procura della Repubblica individuata nel luogo di residenza di una delle parti.

Infine, il documento termina con indicazioni operative relative, in particolare, alla modalità di presentazione dell’accordo (che va firmato digitalmente dagli avvocati e successivamente inviato via PEC alla Procura) e la successiva trasmissione dello stesso, unitamente al nulla osta o autorizzazione, al COA presso cui uno dei legali è iscritto.

Si ricorda, altresì, che il procedimento è esente da contributo unificato, imposta di bollo e diritti di cancelleria, anche per il rilascio di copie conformi.

Linee-guida-procura-milano-negoziazione-assistita

Abuso nei mezzi di correzione e maltrattamenti in famiglia

Abuso nei mezzi di correzione e maltrattamenti in famiglia 150 150 federico_stissi

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17558/2023 è intervenuta in una vicenda relativa ai maltrattamenti subiti da un minore per esser andato male a scuola.

I fatti riguardano le condotte violente di un padre realizzate nei confronti del figlio minore, consistite nel infliggere calci sul sedere e colpi di cinta alla schiena, per via dello scarso rendimento scolastico dello stesso.

In primo grado il Tribunale aveva riqualificato nel reato di cui all’art. 571 c.p. l’originaria imputazione ex art. 572 c.p. e ciò in ragione dell’esclusione dell’abitualità delle condotte sulla base del solo dato relativo alla sporadicità dei comportamenti, senza tener conto della sistematicità delle violenze fisiche e morali descritte dal figlio.

Secondo gli Ermellini l’abuso ex art. 571 c.p. “presuppone l’eccesso nell’uso di mezzi di correzione o di disciplina in sé giuridicamente leciti. Tali non possono, tuttavia, considerarsi gli atti che, pur ispirati da un ‘animus corrigendi’ sono connotati dall’impiego di violenza fisica o psichica”, in quanto “le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l’esercizio lecito del potere correttivo ed educativo, che mai deve deprimere l’armonico sviluppo della personalità del minore“.

Pertanto, “l’uso di qualunque forma di violenza fisica o psicologica a scopi educativi esula dal perimetro applicativo dell’art. 571 c.p.; ciò sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice“.

Cassazione Sentenza n. 17558-2023

Rimedi in caso di inadempienze o violazioni da parte di un genitore

Rimedi in caso di inadempienze o violazioni da parte di un genitore 150 150 federico_stissi

Nei casi in cui si verifichino inadempienze da parte di un genitore, la Riforma Cartabia ha previsto la disciplina all’ art. 473 bis.39 c.p.c., con rafforzamento dei poteri del Giudice inaudita altera parte.

La nuova disciplina prevede che: “in caso di gravi inadempienze, anche di natura economica, o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento e dell’esercizio della responsabilità genitoriale, il giudice può d’ufficio modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:
a) ammonire il genitore inadempiente;
b) individuare ai sensi dell’articolo 614-bis la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento;
c) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Il giudice può inoltre condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni a favore dell’altro genitore o, anche d’ufficio, del minore.
I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”

La Riforma con tale norma supera l’interpretazione costituzionalmente orientata e ha precisato che rientrano nel novero delle “gravi inadempienzeanche quelle di natura economica e non solo quelle condotte infungibili.

L’articolo, inoltre, concede al giudice il potere di individuare la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo, con la cumulabilità del risarcimento del danno, si su richiesta di parte, sia d’ufficio da parte del Giudice nel caso venga disposto in favore del minore.

L’assegno di divorzio e la casa coniugale

L’assegno di divorzio e la casa coniugale 150 150 federico_stissi

Con l’Ordinanza n. 8764 del 28 marzo 2023, la Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento prevalente secondo cui nella assegnazione della casa familiare a uno o all’altro coniuge, allorquando vengono adottate le decisioni successive al divorzio, si deve tener conto che la casa familiare costituisce un’unità suscettibile di apprezzamento economico.

Partendo dalla sentenza a SSUU n. 32914/2022 in materia di separazione e dalla sentenza a SSUU n. 18287/2018 in materia di assegno divorzile, la Corte ha precisato che si deve dare il giusto rilievo anche all’assegnazione della casa familiare perché anche essa ha un valore economico.

La conseguenza è che laddove non si dia luogo a una adeguata valutazione, il provvedimento che attribuisce l’assegno di divorzio risulterà essere viziato per omessa valutazione e quindi riformabile.

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