La condotta tenuta dal ciclista che risulta avere assunto alcool legittima la condanna per guida in stato di ebbrezza in quanto costituisce grave pericolo per gli altri utenti della strada.
In questo modo si è espressa la Corte di Cassazione Penale, Sez. IV, con la sentenza n. 34352/2023 (link in calce).
Nel caso in esame, la Corte d’Appello condannava un uomo per il reato di cui agli artt. 81 cpv c.p., D.Lgs. n. 285/1992, 186, comma 2, e 187, comma 1, escludendo però la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, aderendo ai precedenti conformi.
Nei primi gradi di giudizio, l’imputato lamentava che la caduta era avvenuta mentre trasportava il mezzo a piedi e non mentre si trovava in sella alla bicicletta, proprio perché lo stesso aveva assunto alcol e cannabis.
La modalità della condotta avvenuta non sul mezzo ma a piedi, avrebbe escluso, secondo l’imputato, anche l’applicazione della disciplina di cui agli artt. 186 e 187 C.d.S., configurabili solamente attraverso una applicazione analogica vietata in materia penale.
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile sulla scorta di elementi incontrovertibili
In primis, la ricostruzione fattuale della vicenda effettuata dall’imputato alla luce delle risultanze processuali è apparsa non condivisibile e irragionevole.
Inoltre, relativamente alla configurabilità delle fattispecie di reato contestate nel caso di guida di bicicletta, la Corte ha richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza secondo cui “il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, posto che anche tale mezzo è idoneo a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale, ferma la inapplicabilità concreta delle sanzioni amministrative accessorie previste per tale reato, come, ad es., della sospensione della patente di guida, non praticabile nel caso in cui per la guida del mezzo non sia prevista abilitazione” (Cassazione SSUU n. 12316/2002).