Caso assai ricorrente (soprattutto in estate): a chi chiedere il risarcimento del danno per rumori molesti provenienti dalla strada dopo la chiusura dei locali?
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14209 /2023 (link in calce) ha ribadito la responsabilità della P.A., nel caso di specie del Comune, accogliendo il ricorso di una coppia di coniugi che aveva agito contro il Comune di Brescia per le immissioni di rumore nella propria abitazione provenienti dalla strada di notte da avventori tardivi dei locali.
In primo grado il Tribunale territoriale diede loro ragione ordinando, oltre al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, anche la predisposizione di un presidio di vigilanza per disperdere la folla nelle ore notturne.
La Corte di Appello rovesciò la sentenza di primo grado affermando:
- l’inidoneità del Comune di essere parte convenuta in giudizio in assenza di norme specifiche che ne imponessero l’obbligo di intervento in merito alla vicenda;
- l’esclusione di potere del Giudice Ordinario di determinare le modalità di intervento del Comune.
In merito al primo aspetto, la Corte di Cassazione ha ritenuto che “la P.A. è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con ciò potendo essere condannata sia al risarcimento del danno (artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un facere, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, non investendo una tale domanda, di per sé, scelte ed atti autoritativi, ma, per l’appunto, un’attività soggetta al principio del neminem laedere“. Di conseguenza ne legittima la titolarità quale convenuta.
Per quanto riguarda il secondo punto, la Suprema Corte ritiene che la domanda di risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, “non postula alcun intervento del giudice ordinario di conformazione del potere pubblico e, dunque, non spiega alcuna incidenza rispetto al perimetro dei limiti interni della relativa giurisdizione, ma richiede soltanto la verifica della violazione da parte della P.A. del principio del neminem laedere e, dunque, della sussistenza o meno della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver mancato di osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni quale condotta, connotata da c.d. colpa generica, determinativa di danno ingiusto per il privato“.
Pertanto la disposizione del Tribunale territoriale di imporre determinati comportamenti al Comune “non impediva, però, ogni diversa delibazione del giudice di secondo grado, coerente con la portata della domanda formulata dagli attori, che fosse volta ad imporre alla P.A. (non già le modalità di esercizio del potere discrezionale ad essa spettante, ma) di procedere agli interventi idonei ed esigibili per riportare le immissioni acustiche entro la soglia di tollerabilità, ossia quegli interventi orientati al ripristino della legalità a tutela dei diritti soggettivi violati“.